Cambi di focus per progettare il futuro

Cambi di focus per progettare il futuro

Dalla rubrica “È un’impresa“, di Marco Vallario.

Inverno 2021.

Eccoci giunti al termine di un altro anno. A ben vedere, questo Duemilaventuno si è proposto fin da subito come un anno piuttosto complicato da affrontare, ma, come tutti quelli che lo hanno preceduto, alla fine è passato quasi senza che ce ne accorgessimo.

Chissà in quanti la pensano così. In ogni caso, è arrivato per tutti il momento di tirare le somme e capire cosa sia accaduto in questi ultimi dodici mesi, prima che ci venga chiesto il conto e, soprattutto, prima di fissare i nuovi buoni propositi per il Duemilaventidue.

Ogni anno, sarebbe utile prendere in considerazione quest’operazione con grande attenzione, per evitare di compiere due gravi errori: il primo ci potrebbe indurre a pensare a quello passato come a un anno da buttare, o come a un periodo da dimenticare a causa degli accadimenti che ci hanno portato a vivere momenti difficili; il secondo potrebbe spingerci a riporre nel prossimo venturo nuove speranze, in modo del tutto fatalistico e senza una progettazione rispetto a quegli obiettivi che potrebbero farcelo ricordare con grande gioia.

Pensiamoci: guardare avanti senza considerare un nostro ruolo attivo negli accadimenti è un rischio troppo grande da correre in modo spensierato, soprattutto se stiamo per affrontare l’ingresso in un nuovo periodo nel quale abbiamo l’opportunità di progettare, almeno in parte, il nostro futuro. Pensandoci, avremo di fronte un periodo composto di trecentosessantacinque giorni, quasi novemila ore, ben oltre cinquecentomila minuti e, se vogliamo dirla tutta, quasi trentaduemilioni di secondi.

Ebbene, avremo a disposizione tutto questo tempo! Ma soprattutto, se lo consideriamo dal nostro punto di vista oggi, è tempo sul quale possiamo intervenire direttamente e consapevolmente, anziché arrivare a consumarlo per poi girarci indietro e incolpare la sfortuna o, come più raramente accade, dare merito alla fortuna di ciò che sarà avvenuto.

[…]

L’editoriale completo disponibile su TORINO MAGAZINE.

Imparare a comunicare per farsi capire

Imparare a comunicare per farsi capire

Dalla rubrica “È un’impresa”, di Marco Vallario.

Autunno 2021.

Le persone raramente ci ascoltano, quando ascoltano spesso non capiscono, e in ogni caso ciò che comprendono difficilmente corrisponde a ciò che noi vorremmo che comprendessero.

Lo so che, vista così, questa condizione, peraltro piuttosto generalizzata, ha un non so che di spaventoso, eppure già rendersi conto che le cose stanno in questo modo potrebbe consentirci di vivere in un mondo molto più equilibrato.

Pensandoci, se solo questa riflessione fosse di dominio pubblico, garantirebbe una consapevolezza tale da promuovere un confronto con il prossimo più frequente, in modo più chiaro e comprensibile, attraverso un approccio cortese ed empatico e un atteggiamento aperto e proattivo.

Impegnarci a fare in modo che gli altri ci capiscanodovrebbe essere una missione che ognuno di noi intraprende ogni giorno al fine di costruire relazioni sane, basate su un dialogo condiviso che tenga conto di ciò che i destinatari realmente percepiscono e pensano, e che per noi assume un significato preciso, a prescindere dal fatto che i nostri interlocutori siano clienti, fornitori, collaboratori o più in generale persone che fanno parte di quel pubblico al quale ci rivolgiamo.

Ecco la grande opportunità che ognuno di noi ha, provare a essere più chiaro al solo scopo di farsi capire bene.

Preso atto di quanto sia importante essere capiti, mi sento di affermare che sono due le azioni che dovremo mettere in cima alle nostre priorità per fare in modo che ciò accada. La prima è imparare a costruire in modo chiaro e preciso la nostra dichiarazione di intenti, la seconda è imparare a comunicarla in modo inconfondibile alle persone alle quali essa si rivolge.

Pensiamoci: se ognuno di noi avesse l’ardire di definire prima e di spiegare poi i suoi scopi in modo chiaro, prima a se stesso e poi ai suoi interlocutori, le incomprensioni rischierebbero l’estinzione e le persone impegnerebbero molto meno tempo a discutere inutilmente su concetti non condivisi, con più semplicità, risparmiando tempo ed energie che potrebbero essere destinate ad azioni più costruttive.

[…]

L’editoriale completo disponibile su TORINO MAGAZINE.